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Orti di guerra a Milano, 1944 |
L’orto ("Familiare" o "Sociale", a seconda delle accezioni) si trasferisce dentro le mura domestiche e trova posto nella quotidianità di tre cittadini su dieci – secondo una recente indagine – che dedicano parte del tempo libero al giardinaggio e alla cura dell’orto dove raccogliere frutta, ortaggi o aromi da portare in tavola, come misura antistress, per passione, per gratificazione personale o anche solo per risparmiare. L’orto domestico può aiutare a risparmiare, ma può essere anche un delizioso hobby post-lavorativo. Dimenticati dopo il boom del dopo guerra quando erano chiamati “orti di guerra” (o ancora orti della sopravvivenza), e di cui troviamo una interessante documentazione video nell archivio dell'
Istituto Luce digitando "orti di guerra"(ad esempio: Orti di guerra. "Istantanee negli orti di guerra romani dove impiegati e operai si trasformano in coltivatori" 19/06/1942) E' certamente come prima molla psicologica la crisi economica come anche l’esigenza di “ottimizzare” le risorse del portafoglio, il riportare al centro dell’attenzione, e dell’economia famigliare, gli orti fai da te. Ma in realtà, è solo marginalmente una questione di portafogli e di bottega. Si può essere spinti dal modello Barak e Michelle Obama, che hanno creato un orto nei giardini della
Casa Bianca coltivando un orto biologico nel giardino della Casa Bianca con l’obiettivo di mangiare sano e di educare i ragazzi al consumo di cibi sani (anche nei
Giardini Vaticani ne nascerà uno come anticipato dall’Osservatorio Romano) in un momento in cui l’obesità è divenuta un problema negli Stati Uniti, ma il ritorno alla coltivazione privata, anche se in piccolissima scala non deve essere legato alla crisi economica ed all'impoverimento di alcune classi sociali. Iniziare di punto in bianco la coltivazione di un seppur minimo pezzetto di terra costa certamente non poco a livello di investimento iniziale, anche se il terreno può essere gratis; costano gli attrezzi, costano le sementi, costa anche il tempo personale che si decide di occupare per le (stagionali, e non sicure)proprie coltivazioni, e non trascurabilmente tutto questo menù deve essere condito da una buona forma fisica; tutto ciò quindi non è destinato a tutti, checchè se ne dica. E' più un
fenomeno culturale, un riappiopriarci di un rapporto più reale con la terra, che nelle ultime generazioni è andato via via perduto a favore di un consumo spesso eccessivo delle risorse. Non deve essere solamente affidato a generazioni che questo rapporto lo hanno ben presente, ma a persone più giovani che ne diano una lettura più attuale con i nostri tempi. M.B.